Ti amavo, perdio. Ti amavo
al punto di non poter sopportare l'idea di ferirti pur essendo ferita, di
tradirti pur essendo tradita, e amandoti amavo i tuoi difetti, le tue colpe, i
tuoi errori, le tue bugie, le tue contraddizioni.
Negli abbracci forsennati o
dolcissimi non era il tuo corpo che cercavo bensì la tua anima, i tuoi
pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi sogni, le tue poesie. E forse è vero che
quasi mai l'amore ha per oggetto un corpo, spesso si sceglie o si accetta una
persona per la malìa inesplicabile con la quale essa ci investe, o per ciò che
essa rappresenta ai nostri occhi, alle nostre convinzioni, alla nostra morale;
però il veicolo di un rapporto amoroso rimane il corpo e, se quello non ti
seduce, qualcos'altro deve pur sedurti. Il carattere, ad esempio, il modo di
vivere o di comportarsi. E col tempo avevo scoperto che neanche il tuo
carattere mi piaceva molto. Ma allora perché avevo avuto quell'impulso di
correrti dietro, di abbracciarti, sentire i tuoi baffi contro la mia guancia,
perché ora sentivo il bisogno di raschiarmi la gola e ricacciare indietro le
lacrime?
E forse il tuo carattere non
mi piaceva, né il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte
del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto
inguaribile, che ormai non potevo più concepire la mia vita senza di te. Ne
facevi parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello, e rinunciare
a te era rinunciare a me stessa, ai miei sogni che erano i tuoi sogni, alle tue
illusioni che erano le mie illusioni, alle tue speranze che erano le mie
speranze, alla vita! E l'amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto
una malattia, e di tale malattia potevo elencare tutti i segni, i fenomeni.
Oriana Fallaci
"Scrittore"
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